I musei contemporanei secondo gli architetti Migliore+Servetto, le best practice nelle pagine di “Museum Seed. The Futurability of cultural places”
Un libro sul futuro della progettazione per i luoghi della cultura
Semi capaci di far germogliare la città che li ospita insieme alla comunità e al quartiere. Sono i luoghi culturali secondo lo studio di architettura milanese Migliore+Servetto, raccontati nel libro edito da Electa “Museum Seed. The Futurability of cultural places”, nato dalla conferenza tenutasi a Seoul organizzata dai progettisti con il sostegno dell’Ambasciata d’Italia in Corea e con il supporto dell’Istituto di cultura italiana a Seoul.
I musei contemporanei saranno nel tempo conosciuti non solo come recipienti di opere arte e reperti storici, ma anche inneschi cruciali per stimolare l’attività culturale, economica e sociale dei territori. Luoghi dove viene conservata e spesso raccontata l’eredità culturale di una determinata nazione. Oltre 150 pagine che offrono una visione sul futuro del progetto di architettura e di design degli interni per gli spazi di cultura, ma anche uno spunto di benessere sostenibile che abbraccia e nutre. Alla base c’è un concetto che si insinua nella socialità: i musei sono in primis luoghi d’incontro, ma anche luoghi di rigenerazione urbana. Perché la cultura è per definizione creatrice di valore e pertanto la produzione culturale e la produzione economica spesso coincidono. Il lavoro di Migliore+ Servetto va in questa direzione e nasce come risposta alla domanda: quale sarà il ruolo del design in rapporto all’architettura e alle nuove tecnologie nella definizione dei musei del futuro e, più in generale, dei luoghi condivisi di cultura e conoscenza? Non musei cassaforte, ma andare ai musei deve essere emozionante come andare a teatro, quindi sistemi flessibili proprio come un palcoscenico.
Le opere devono essere raccolte in modi inediti ed empatici. In questo scenario, le nuove tecnologie saranno utili a espandere l’esperienza museale. Un museo aumentato quasi privi di confini percettivi per toccare con le mani materiali e oggetti. Dagli architetti, dunque, un manifesto in otto punti: luogo la cui forma deriva dai suoi contenuti e dalle emozioni che induce; produttore di contenuti, cioè un sistema dinamico, in crescita, in grado di espandere il potenziale di curatela; portatore di innovazione, nuova consapevolezza e nuovi comportamenti; luogo di sperimentazione attraverso le neuroscienze e le nuove tecnologie; spazio di cura, accessibile, d’innovazione e sostenibilità sociale, capace di sollecitare una partecipazione attiva; luogo che, da ospite nell’orizzonte urbano, ne diventa linfa, contribuendo a disegnare la città come “casa collettiva”; promotore della cultura d’impresa, costruttore dell’identità di brand; organismo vivente che si dilata e si contrae a seconda delle esigenze.
«In questo volume abbiamo ampliato l’indagine su questi temi chiamando a raccolta quindici voci del mondo della cultura: direttori, architetti, designer, giornalisti e psicologi si confrontano così sul tema», raccontano i professionisti dello studio milanese. Dall’architetto Chun Eui Young al direttore della Pinacoteca di Brera, Angelo Crespi, fino allo psicologo dell’Università Cattolica di Milano, Andrea Gaggioli per un racconto collettivo sui linguaggi del futuro per gli spazi culturali in grado di radicarsi nel territorio.