Asti Architetti: edifici neutri e funzionali, adatti anche al linguaggio della moda

Chiara Brivio, PPAN | 17. dicembre 2024
Asti Architetti, Piazza San Fedele - Bottega Veneta ©Andrea Martiradonna

Non è un caso che alcuni degli edifici rigenerati da Asti Architetti per importanti investitori internazionali, abbiano poi trovato “casa” alcune delle maison della moda del lusso. Si parla di Ralph Lauren, con la sua boutique in via della Spiga 5, di Loro Piana, che ha affittato il 75% degli spazi a uso uffici nel Cortile della seta in via Moscova 33, o l’edificio in piazza San Fedele, recentemente completato, che diventerà l’headquarter di Bottega Veneta. Quest’ultimo intervento di restyling, su una superficie di 10mila mq, ha previsto la realizzazione di spazi a uso uffici e l’ampliamento delle finestre della facciata, per consentire la creazione di vetrine per l’area retail. Sono stati implementati standard di sostenibilità ed efficienza energetica (certificazione di sostenibilità Leed Gold) nel rispetto delle caratteristiche originali, nell’ambito del risanamento conservativo. Acquistato da Coima sgr nel 2018, palazzo San Fedele è ancora gestito dalla società, pur essendo stato ceduto nel 2023 a un veicolo di investimento sottoscritto da Union Investment Real Estate GmbH (“Union Investment”), società tedesca di gestione del risparmio attiva nel settore immobiliare.

Asti Architetti, Piazza San Fedele - Bottega Veneta ©Andrea Martiradonna

Paolo Asti, intervistato per Italian Architects, ha detto a proposito del suo rapporto con le grandi case della moda: «noi mettiamo a disposizione delle “scatole” e queste scatole poi vengono vestite dai vari grandi marchi secondo i desiderata e secondo il linguaggio legato alla comunicazione del brand – spiega –. Sia per Bottega Veneta che per Ralph Lauren che per Loro Piana abbiamo messo a disposizione, sempre in dialogo con i loro architetti d'interni e stylist, spazi il più possibile elastici, e tutto sommato anche asettici nell'impatto della scatola stessa, in maniera tale che possano essere allestiti nel modo più libero possibile». E spesso si tratta di edifici vincolati o di alto valore storico-architettonico, che quindi richiedono uno stretto dialogo con la Soprintendenza. 

«Il nostro rapporto è sempre molto rispettoso rispetto alla preesistenza, sia per edifici vincolati che non vincolati – precisa l’architetto –. Se noi riconosciamo un valore architettonico spaziale di linguaggio e di memoria in un palazzo, cerchiamo di mantenerlo, se non di esaltarlo, con quello che andiamo a sviluppare». «Con la Sovraintendenza parliamo lo stesso linguaggio – continua – cioè un linguaggio di valutazione che viene dopo analisi ben precise di tipo storico e di valutazione della qualità di quello che abbiamo di fronte, sia come disegno ma anche come conservazione. Non bisogna dimenticare che se ci si trova davanti un manufatto di qualità, ma che non ha più nulla di originale perché violentato nel tempo, allora ci si può porre in modo diverso rispetto alla progettazione e proporre delle soluzioni alternative». 

Asti Architetti, Piazza San Fedele - Bottega Veneta ©Andrea Martiradonna

Non solo edifici, ma anche spazio pubblico, soprattutto quello che della “sua” città, Milano. Dopo piazza San Fedele – che ha previsto anche la completa riqualificazione di via Carlo Cattaneo, della porzione di via Silvio Pellico, che dalla Galleria arriva fino a piazza Duomo, e il rinnovo degli arredi urbani per piazza San Fedele, aumentando il numero delle sedute pubbliche –, è in dirittura d’arrivo anche il recupero di piazza Velasca. «Il rapporto con la città è molto importante – racconta Asti –. Ormai gli edifici, e in particolare quelli legati al mondo della moda, hanno bisogno di dialogare il più possibile sia a livello visivo che a livello fisico con gli interni rispetto agli esterni e viceversa. Quindi la permeabilità degli attacchi a terra con l’intorno immediato passa spesso attraverso la sistemazione di questo intorno, con la personalizzazione di piazze, la loro illuminazione, con la definizione dei flussi delle persone in entrata e in uscita dal palazzo».

«Devo dire che tra tutti i clienti con cui noi abbiamo a che fare – conclude – tendenzialmente il mondo della moda è forse il più sensibile nel riuscire ad avere un dialogo felice tra la pubblica via e il palazzo, che non è mai visto come uno scrigno entro cui chiudersi, ma che contiene delle cose preziose che devono essere visibili e frequentabili nella grande città. Di conseguenza la progettazione si muove, inserendosi anche nel tessuto urbano. C’è quindi un rispetto di questo tessuto, cioè dell'esistente, inteso come edificio ma anche come spazio pubblico e pubblica via».

Asti Architetti, Moscova 33 ©Stefano Gusmeroli
Asti Architetti, Moscova 33 ©Stefano Gusmeroli

Altri articoli in questa categoria