Gli architetti e il loro punto di vista sulla leva degli incentivi

Febbre da Superbonus. Dove siamo e dove bisognerebbe andare

Paola Pierotti, PPAN
15. février 2022
Le Superhouses, progetto di Studio Ata

Nel periodo 1998-2021 lo Stato italiano ha speso 401 miliardi in bonus che però, sommando le maggiori entrate fiscali ad essi connesse, i minori costi e il valore aggiunto creato a favore di imprese e lavoratori, si sono trasformati in un saldo positivo per 35,9 miliardi di euro. Nel periodo 2011-2021 a fronte di una spesa di 310 miliardi di euro, il saldo finale è attivo per 26 miliardi. Considerando, infine, il solo 2021, a fronte di una spesa di 31 miliardi di euro, il saldo è attivo per 3,9 miliardi di euro. Con questi numeri le professioni tecniche sono ferme sul punto che “il Superbonus e gli altri incentivi non siano soltanto sostenibili economicamente, ma ci sia una chiara convenienza nel sostenerli”.

Dalla qualificazione delle imprese (molte nate per prendere l’onda degli incentivi) alla necessità di programmare i prossimi passi, dall’emergenza frodi (in gran parte da attribuire al bonus facciate, secondo i dati degli addetti ai lavori) alla richiesta di semplificare e alleggerire gli oneri burocratici. Lungo l’elenco delle tematiche sotto i riflettori. 

Ma c’è spazio anche per fare architettura? Sono in tanti gli studi che hanno visto nel Superbonus un’opportunità per fare ricerca applicata nell'ambito della demolizione con ricostruzione. A Torino, ad esempio, lo Studio Ata ha sviluppato un programma di unità abitative, le cosiddette Superhouses, che va a sfruttare appieno i massimali messi a disposizione del decreto Superbonus. Si è stipulato un protocollo di collaborazione con un'impresa costruttrice per la realizzazione delle case e successivamente sono arrivati i clienti; si è cercato quindi di ribaltare l'idea di applicazione dell’incentivo, e la tradizionale consequenzialità dei vari passaggi che determinano la realizzazione di un'opera di architettura.

Riqualificazione della sede della cooperativa sociale Coges a Mestre (Ve), progetto di Arbau

«Si può fare architettura – aggiungono le architette venete dello studio Arbau – ma solo in parte e solo provando ad aggirare forzosamente il meccanismo della legge, che non fa nessun riferimento alla qualità architettonica, ma si basa solo su parametri tecnico-economici, come del resto, ad esempio, tutti gli investimenti per l’efficientamento energetico o sismico delle scuole, utilizzati per riaggiustare edifici vecchi sia fisicamente che funzionalmente». In tutti questi casi si può fare architettura quindi se c’è un progettista disposto a fare i salti mortali per trasformare un cappotto termico in un’occasione per un piccolo episodio di qualità. Gli architetti lamentano che il problema sia mal posto. «Paradossalmente al termine di tutte queste operazioni la situazione in taluni casi potrebbe essere peggiorata – dicono le professioniste di Treviso – perché alcuni edifici di pessima qualità architettonica o collocati in aree urbanisticamente inadeguate diverranno inamovibili per decenni, perdendo così la sfida di un vero rinnovamento qualitativo territoriale». Arbau sta lavorando sul Superbonus principalmente con una onlus che in questo modo riesce a fare un’operazione di riqualificazione di alcuni spazi in cui svolge le sue attività, che altrimenti non avrebbe la forza economica di affrontare. «Abbiamo appena concluso la riqualificazione della loro sede a Mestre – raccontano – e stiamo iniziando quella di un edificio, altrimenti abbandonato, che verrà destinato ad un’utenza fragile. Inoltre, stiamo intraprendendo operazioni più complesse di demolizione e ricostruzione in un’area militare dismessa che hanno in gestione dal Comune di Venezia, ma lo sforzo per ottenere un risultato architettonicamente significativo è sproporzionato e assurdo dal punto di vista burocratico e procedurale».

Teodosia a Torino, progetto di Box Architetti

«Il Superbonus, per quanto riguarda il patrimonio edilizio degli anni ’50, ’60, ‘70 del secolo scorso, introduce e rende possibile un dibattito, ancora sconosciuto, sulla questione del vero e proprio restauro del patrimonio edilizio di qualità di quel periodo». Questo è quanto sostiene l’architetto Marco Aimetti di Box Architetti raccontando la sua esperienza con il progetto Teodosia 110%.

Si tratta di un’importante operazione di Superbonus realizzata a Torino dallo studio con lo studio Onleco, un mega condominio realizzato nei primi anni ‘70 di quasi 300 unità immobiliari dove è stato realizzato un intervento di efficientamento energetico che ha garantito il passaggio di quattro classi energetiche (ora è in classe A+). Il cantiere, aperto a dicembre 2020, è durato 12 mesi ed è ora terminato. L’obiettivo del progetto da un punto di vista architettonico, fatti salvi tutti gli aspetti prestazionali ed energetici, è stato quello di integrare e nascondere i nuovi materiali e apparati tecnologici operando un “restauro” attento del fabbricato in virtù della sua originaria e significativa valenza e qualità architettonica. Teodosia appare ora come appena costruito. L’architettura di Teodosia, celata per anni dietro l’inevitabile degrado di un fabbricato di più di 50 anni di vita, è ora di nuovo percepibile ed apprezzabile. Dal racconto degli attori in campo, il progetto è stato possibile grazie ad alcuni elementi fondamentali: «la condivisione continua, se pur faticosa e costante del progetto con i condomini, la separazione e il rispetto dei ruoli tra committente, progettisti e impresa di costruzioni (il condominio ha prima incaricato lo studio di architettura per la redazione del progetto e poi ha individuato l’impresa appaltatrice rispettando uno schema “tradizionale” di processo di esecuzione di un appalto), l’efficienza, la preparazione e, soprattutto, la determinazione di tutti i soggetti coinvolti» ha sintetizzato Aimetti.

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