Forza, passione, ostinazione e intelligenza. Il cordoglio delle istituzioni e dei colleghi

Addio a Vittorio Gregotti, Maestro della storia dell’architettura contemporanea

Paola Pierotti, PPAN
16. de març 2020
Università Milano Bicocca, Vittorio Gregotti. Foto di Alfonso Calafiore

Forza, passione, ostinazione, intelligenza. Queste sono le parole che ritornano nei ricordi di molti che vedono in Gregotti un Maestro, che ha lasciato un’eredità importante per i professionisti e per la cultura architettonica. «La scomparsa di Vittorio Gregotti ci lascia addolorati e orfani di un'intelligenza lucida e critica, che ha saputo non solo dare un contributo importante alla cultura del progetto, ma anche un volto nuovo a molti spazi e luoghi della nostra Milano: tra questi la Bicocca, convertita da area industriale in cittadella della cultura con la nuova sede dell'Università e il Teatro degli Arcimboldi, e la storica sede della Rizzoli in via Solferino». Lo dichiara l'assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno. L’archivio del grande Maestro, con oltre 700 progetti seguiti da Gregotti con le due società da lui fondate negli anni - lo Studio Architetti Associati (con Ludovico Meneghetti e Giorgio Stoppino) dal 1963 al 1969, e la Gregotti Associati (con Augusto Cagnardi e Michele Reginaldi) dal 1969 ad oggi - è stato tra l’altro donato al Comune di Milano nel 2013 ed è attualmente conservato nella Sala Sforzesca del Castello.

«Un amico, un maestro, un uomo che sapeva guardare avanti, nell’architettura come nella società. Un uomo geniale, libero, visionario e concreto. Il suo sguardo, lungo e profondo, la sua capacità di ascolto e di dialogo, il suo impegno umano e sociale mancheranno a Milano e al mondo», ha commentato Giuliano Pisapia, ex sindaco del Comune di Milano.

Vittorio Gregotti. Foto tratta da Wikipedia

L’Ordine degli Architetti di Milano sta raccogliendo in queste ore alcune testimonianze, ricordi e riletture per ricordare l’architetto Vittorio Gregotti, per un saluto ‘digitale’ da tutta la comunità dei professionisti, in questo tempo da vivere a distanza a causa dell’emergenza Covid-19. Intanto anche dal mondo degli ingegneri un pensiero: Bruno Finzi, Presidente Ordine Ingegneri Provincia di Milano, ha ricordato che «il suo sguardo, la sua visione hanno toccato i diversi continenti: da Barcellona, con il nuovo stadio, sino alla Cina. La sua opera architettonica è stata sviluppata in un dialogo continuo con l'ingegneria. Proprio con il progetto "Bicocca" Gregotti è stato uno dei precursori della rigenerazione di aree industriali dismesse nella nostra città. Milano e l'ingegneria ambrosiana lo ricorderanno sempre con particolare affetto e gratitudine». 

«In confronto ad altri maître à penser della cultura architettonica come Aldo Rossi e Guido Canella – commenta Cino Zucchi – Gregotti appariva ai miei occhi animato da un pensiero più inquieto, curioso, dialogante, capace di miscelare la tradizione del pensiero razionalista con un empirismo di matrice anglosassone o scandinava». Cino Zucchi ha iniziato nel 1975, ancora diciannovenne, la gavetta nello studio Gregotti Associati, una bottega che ha accolto decine di professionisti. Tra i tanti, che si sono poi distinti nel proprio percorso professionale, anche Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario, diventati soci dello studio Piuarch.

Centro Cultural de Belém, Lisbona, Vittorio Gregotti

«In una giornata triste, per la cupezza di questa città vuota – ha commentato Stefano Boeri nella sua diretta facebook di domenica 15 marzo – si è andata ad aggiungere la notizia della scomparsa di un protagonista della cultura dell’architettura e della cultura internazionale. Con il suo rigore, con le sue rigidità, con la sua passione, Vittorio Gregotti è stato un riferimento costante, seppur difficile e spigoloso in alcuni momenti». In una lettera che Gregotti scrisse proprio a Boeri negli ultimi anni, ha ricordato che «l’enzima che stava tentando da molti anni di trasferire (in riferimento alla provocazione di Boeri stesso che mancava la capacità di trasferire nel progetto di architettura la ricchezza della ricerca teorica, ndr) è una nozione non banale di contesto che deve risalire ai principi insediativi e interpretarli, e che deve ridare un senso alla definizione del bello di San Tommaso. È necessario non far coincidere l’inquietudine vibrante con la vibrazione morfologica dell’edificio. Non c’è nulla di più misterioso – scriveva – della Casbah o del Pantheon, nulla di più vibrante anche se spesso con la terribilità della fermezza; non vi è nulla di più aperto all’immaginazione sociale di ciò che è capace di restare fermamente come monumento nel senso originale della testimonianza, nonostante le trasformazioni d’uso e persino di significato». E ancora «se la maggioranza rumorosa fa alcune scelte, o meglio non scelte – scriveva Gregotti a Boeri – non sono abituato a seguire». Fino in fondo, quindi, con l’orgoglio di sentirsi avanguardia. 

Altres articles d'aquesta categoria